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Roncadin


 

Vi trovate in località Roncadin, a 1152 metri di quota a monte della testa della frana del torrente Tessina. L’oronimo Roncadin deriva dalla parola “ronch” o “ronca” utensile utilizzato dai boscaioli.

La frana del Tessina, su cui Roncadin poggia, rappresenta il disseto attivo più ampio dell’intero arco Alpino. La sua attività comincia a manifestarsi nell’autunno del 1960. Tale fenomeno ha mobilizzato in oltre cinquant’ anni circa 5 milioni di metri cubi di materiali, pari a 5 volte il volume del Colosseo. La frana trova terreno fertile in questa zona poiché le scarse caratteristiche geotecniche delle rocce del sottosuolo, le caratteristiche tettoniche e la circolazione idrica rendono molto instabile il complesso. A seguito di eventi piovosi intensi o prolungati aumenta la possibilità di attivazione della frana. Rimane purtroppo impresso nella memoria il movimento attuatosi nel 1992 quando, a seguito delle copiose precipitazioni e dello scioglimento delle nevi, collassò una porzione pari a 2 milioni di metri cubi di materiale franoso. Questo evento distrusse le opere di drenaggio, realizzate appositamente per contrastare il movimento franoso che, da movimento iniziale rototraslazionale, assunse le caratteristiche di una colata. La frana superò l’abitato di Funes senza coinvolgerlo e si arrestò in prossimità di Lamosano.

Da quell’evento sono stati avviati urgenti interventi di salvaguardia degli abitati di Funes e Lamosano. Tra gli interventi più noti sicuramente è da ricordare la galleria drenante del monte Teverone, situata nel suo versante est, costruita tra la fine del 1995 e il 1997. Si tratta nello specifico di una galleria lunga 1224 metri in roccia naturale scavata sul fianco destro della Valle del Venal di Funès a quota 1142 metri sul livello del mare. Quest’opera è scavata per gran parte dentro il calcare del Teverone, roccia carsificata che consente un buon circuito delle acque interne al massiccio roccioso. La galleria, progettata per catturare l’acqua che circola nelle rocce del substrato, allontana il fluido dall’attuale zona in frana facendola confluire nel torrente Funesia. Tale scavo drena da 30 litri al secondo fino ad oltre 300 litri al secondo, i quali vengono convogliati nel torrente Funesia alimentando due turbine idroelettriche.

Proseguendo nell’itinerario in direzione si possono osservare due edifici di caratteristica costruzione rurale risalenti ai primi del ‘900: un focolare per la lavorazione del latte e una stalla per il ricovero degli animali. Questi due edifici dopo una attenta operazione di ristrutturazione permettono di apprezzare la particolarità e la perizia messa in campo dai costruttori di un tempo. Il tetto richiama le tipiche case ‘’a gradoni’’ diffuse nell’area prealpina, dove l’utilizzo della pietra era associato all’impiego della paglia o della canna palustre a copertura delle falde del tetto, che richiedevano le “scalinele” (frontone a gradoni) a protezione dal vento e per aumentare la staticità dell’edificio.

Molte delle zone boschive che oggi vi trovate a percorrere un tempo erano verdi pascoli dove gli animali, che ogni nucleo familiare affidava ai pastori, venivano portati in alpeggio durante l’estate. Tra gli animali da pascolo più importanti e conosciuti della zona dell’Alpago si distingue la pecora, ovino particolarmente prezioso poiché fornisce latte, calda lana e buona carne. Per tali motivi questi animali hanno rappresentato una risorsa vitale per le famiglie d’un tempo che dovevano proprio all’allevamento di questi greggi gran parte della loro sussistenza. Di recente la razza ovina Alpagota ha iniziato a spiccare tra le altre, diventando l’animale identitario e il vanto dell’intera conca. Rispetto alle altre razze ovine quella alpagota, che si distingue per la classica maculatura bruna, risulta essere di taglia minore, più rustica e adattabile a situazioni di pascoli poveri. La carne dell’agnello dell’Alpago è inoltre particolarmente conosciuta per la sua prelibatezza e non a caso compare anche nello stemma comunale di Chies d’Alpago, a dimostrazione del ruolo importante che ha ricoperto e tutt’ora ricopre per la comunità.

Il territorio appartiene alle Regole di Funes Pedol e Famiglia Munaro di Molini, che hanno il compito di vigilare su di esso e tutelarlo.

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