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Cava Marera


 

Il tratto di strada su cui vi trovate che collega gli abitati di Mont e Pianon venne realizzato negli anni ’70 per collegare in quota i comuni di Tambre e Chies. Per favorirne la realizzazione della stessa, nel ’68 l’amministrazione di Tambre decise di sospendere la concessione al Ministero della Difesa che durante il periodo estivo occupava in forma esclusiva le zone delle malghe di Tambre e di Caotes per gli addestramenti militari. Su richiesta dell’amministrazione di Tambre la definizione della sede stradale integrò i lavori di bonifica seguiti all’abbandono dei campi di addestramento dai militari.

Poco distante, al bivio per Pian dei March, si può raggiungere una piccola radura più a monte: il Pian dei Tac attualmente sotto la tutela e gestione della Regola di Irrighe.

Vi trovate tra due cave attive: la Cava Marera, situata vicino a Casera Pal in comune di Chies d’Alpago e la Cava del Col de le Fratte, in comune di Tambre. In entrambe vengono estratte rocce appartenenti alla Formazione del “Calcare di Monte Cavallo” dalle quali si ricava un materiale sabbioso ricco in calcio. Il materiale di Cava Marera, molto puro, viene utilizzato prevalentemente per scopi medici, farmaceutici e alimentari; quello del Col de le Fratte, meno puro rispetto al precedente, risulta più adatto per i basamenti stradali e materiale edilizio.

Una delle risorse naturali sfruttate in passato in tutto l’Alpago per la ricchezza della disponibilità è stata la pietra che lavorata e scolpita da bravi scalpellini era materiale fondamentale per la costruzione e il sostegno di case, stalle, fontane, muratura di sostegno e di protezione. Ma, lavorata con fantasia e arte abbelliva con decorazioni sia esterne che interne agli abitati. Teste e figure allegoriche purtroppo andate perse sono ancora riconoscibili in qualche edificio e manufatto storico che la comunità è riuscita a conservare. Numerose infatti sono le testimonianze che troviamo in molte residenze di diverse epoche nell’area bellunese ma anche all’estero dove tanta mano d’opera locale ha lavorato fino agli anni ’60. Il più antico manufatto che vale senz’altro la pena di ricordare è il sarcofago di epoca romana di Caio Flavio Ostilio e della moglie Domizia, oggi conservato presso i Musei civici di Belluno.

Lungo il tragitto vi siete imbattuti o vi imbatterete nell’abitato di Pianon, il toponimo parla da sé: zona pianeggiante situata su di un pendio. Ad oggi il cognome Pianon identifica le famiglie che vi risiedevano.

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