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Casera Pal


 

Vi trovate nei pressi di Casera Pal, ad una quota di 1054 metri sul livello del mare, in comune di Chies d’Alpago.

Tale casera, oggi conosciuta come Agriturismo Malga Cate, è di proprietà della Regola del Monte Salatis ed è situata all’imbocco della Val Salatis-Sperlonga che prosegue dalla sottostante Valle di Caotes conca ricca di risorgive che alimentano gran parte della rete acquedottistica dell’Alpago. La Val Salatis-Sperlonga risale ed aggira il Monte Guslon sino ad esaurirsi sulla forcella Lastè a 2040 metri di quota. Si tratta di una splendida vallata selvaggia, chiusa ed immersa in una rigogliosa vegetazione tipicamente prealpina che in Pian de le Stele, situato circa a metà vallata, sfuma verso l’alto in una seconda parte brulla e carsica.

Per avventurarsi in questa vallata fino a quota 1421 metri dove sorge Casera Pian de le Stele (dal dialetto “stela” ovvero “scheggia di legno”) si può seguire la strada a lato dell’agriturismo, transitabile solamente con mezzi autorizzati, oppure è possibile inoltrarsi attraverso il sentiero CAI 924. Quest’ultimo percorso attraversa inizialmente un bosco ceduo di faggi e superati alcuni stretti tornanti ripiega al centro della stretta vallata costeggiando gli impluvi ed i ghiaioni che discendono dai ripidi crinali dei Monti Messer, I Muri e Sestier. Terminata la strada carrabile è possibile congiungersi al sentiero 924 che si inoltra nella Val Sperlonga e scavalca la Forcella Lastè: superato tale valico il percorso termina a Pian Cavallo, nota stazione turistica friulana.

Da Forcella Lastè dipartono numerosi sentieri per mezzo dei quali è possibile alzarsi ulteriormente di quota sino a raggiungere la cima del Monte Cavallo (a 2250 metri sul livello del mare) o le vette minori ad essa circostanti. Dalla forcella è altresì possibile scendere sul versante sud-ovest del Guslon fino a Tambre o in Val del Sughet sul versante friulano.

Nei pressi di Forcella Lastè il bivacco invernale e il Rifugio Carlo Semenza, ubicati a 2020 metri di quota e di proprietà del CAI di Vittorio Veneto, sono meta tutto l’anno di escursionisti e scialpinisti provenienti dai versanti sia veneto che friulano.

La Val Salatis-Sperlonga grazie alla lunghezza del percorso, alle varianti laterali, alla conformazione del territorio e all’esposizione a nord che prolunga la presenza di neve, rappresenta uno dei paradisi invernali più conosciuti per la pratica dello scialpinismo e delle escursioni con le ciaspole. Un tempo, la valle, era occupata da casere, moltrin e fornaci oggi ridotte a ruderi, dove venivano monticati fino a 500 capi tra mucche e pecore. Le casere e i manufatti tutt’ora visibili testimoniano l’utilizzo agricolo e pastorizio dell’intera valle, dove sino a qualche decennio fa durante l’estate non era difficile imbattersi in greggi di ovini. Attualmente i pascoli di animali liberi non esistono più in tale valle ma negli ultimi anni, nel resto dell’Alpago, l’attività di allevamento ovino ha visto un’importante ripresa. Ciò è stato possibile soprattutto grazie a finanziamenti Europei per mezzo dei quali alcuni giovani locali hanno potuto salvare la razza autoctona della pecora Alpagota ora presidio Slow-food. Di importazione recente sono anche le vacche hailander presenti nella zona di Malga Cate.

Infine l’abbondante presenza di pino mugo lungo i crinali della Val Salatis-Sperlonga ha permesso in passato alla gente locale la raccolta dei germogli di tale pianta per l’estrazione del prezioso mugolio che veniva venduto alle farmacie.

In questa vallata spiccano alle pendici delle pareti rocciose estese falde detritiche, chiamate in dialetto dalla gente del luogo “giaroi”. Quest’ultimi, nelle zone più agevoli, vengono risaliti da ripidi sentieri che conducono al tracciato dell’alta via 7. Gli antichi ghiacciai e il loro repentino disgelo hanno contribuito a plasmare l’aspetto di questa vallata; ad oggi il succedersi degli agenti atmosferici continua a scalfire lentamente la roccia di queste imponenti pareti rocciose, causandone un lento sgretolamento. Questi grandi quantitativi di ghiaia non passarono inosservati dagli abitanti di queste zone: infatti proprio in questa valle è possibile osservare i resti ben conservati di una “calchera”. Quest’ultima è una struttura in pietra che veniva utilizzata per la produzione della calce: all’interno di essa venivano cucinate le rocce carbonatiche dalle quali, grazie alle alte temperature, era possibile ricavare tale prodotto. Risorsa molto importante per i villaggi pedemontani, la calce poteva essere impiegata sia come legante per la malta, sia mescolata alla sabbia per diventare intonaco e persino come antiparassitario nelle culture agricole.

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